Nuove accuse a Rocco Siffredi: “Non era un film, era uno stupro” – Le testimonianze choc di ex attrici porno
Nel servizio andato in onda martedì 29 aprile su “Le Iene”, emergono nuove gravi accuse nei confronti dell’attore e regista hard Rocco Siffredi. Diverse performer raccontano esperienze di violenza, abuso e coercizione nei set da lui diretti, denunciando la totale assenza di rispetto per il consenso e condizioni di lavoro estremamente degradanti.
Per decenni Rocco Siffredi è stato considerato una leggenda del cinema hard italiano e internazionale. Tuttavia, le testimonianze raccolte da “Le Iene” stanno delineando una realtà ben diversa da quella del divo sicuro di sé e rispettoso dei colleghi. Secondo numerose performer, molte delle scene girate sotto la sua regia hanno oltrepassato i confini del lecito e del consensuale, diventando veri e propri episodi di abuso.
Le accuse pesantissime sul noto attore
“Non era un film, era uno stupro,” racconta una delle testimoni, che ha preferito mantenere l’anonimato. A parlare apertamente davanti alle telecamere è invece Marika Milani, attrice protagonista in passato di alcune pellicole di Siffredi, che ha denunciato condizioni lavorative disumane, in particolare durante le cosiddette “gang bang” – scene di sesso collettivo – in cui, a suo dire, partecipavano uomini comuni paganti, senza esperienza e senza controlli sanitari verificabili, tanto da scoprire di essere stata infettata dalla sifilide, una malattia sessuale, che è difficile da debellare.
“Mi sono vista arrivare trenta, quaranta ragazzi, ma non erano attori. Venivano selezionati da loro e potevano partecipare pagando duemila euro”, racconta Milani, visibilmente scossa. “Non sapevo cosa avrei dovuto fare fino all’ultimo. Quando li ho visti ho provato schifo per me stessa. Mi sbattevano ovunque, mi sentivo soffocare. Ho pianto”
Le sue parole sono confermate da altre ex attrici, che preferiscono restare anonime. “Non era una scena porno, era uno stupro di gruppo. Non c’era alcuna regola. Nessun rispetto”.
Molte testimonianze convergono su un punto chiave: il mancato rispetto del consenso, soprattutto da parte di attrici inesperte. Una performer racconta come le venne imposto di girare una scena di sesso anale nonostante le sue ripetute richieste di evitarla: “Ti mandano apposta da Rocco per ‘romperti’, così poi accetti altre scene. Avevo poco più di vent’anni, lui ne aveva più di cinquanta. Continuavo a dire no, ma è come un Dio, ti senti piccola, inutile.”
Questa pressione psicologica, spesso esercitata anche da agenti e produttori, alimenta un sistema in cui molte ragazze si trovano costrette a oltrepassare i propri limiti per non perdere lavoro.
A sottolineare la gravità di quanto denunciato è anche Priscilla Salerno, attrice professionista di lunga data nel settore pornografico. “Può farlo solo con ragazze inesperte. Il consenso è tutto. Non siamo animali. Il fatto che abbiamo scelto di fare porno non significa che dobbiamo essere maltrattate, usate, stuprate. Siamo persone.”
La risposta di Siffredi
Rocco Siffredi ha già smentito le accuse, parlando di “attacchi ingiustificati” e ribadendo la propria correttezza professionale. Tuttavia, l’ondata di testimonianze – sempre più dettagliate e concordanti – pone interrogativi seri sul sistema e sulle dinamiche di potere nell’industria del porno, in particolare quando si tratta di attrici giovani e vulnerabili.
Le denunce sollevano questioni fondamentali non solo sul comportamento del singolo, ma su un’intera industria in cui spesso il confine tra performance e abuso può diventare drammaticamente sottile. In un mondo dove il consenso dovrebbe essere alla base di ogni scena, le parole di queste donne impongono una riflessione urgente: si può davvero parlare di libertà sessuale se dietro le quinte regna il ricatto e l’imposizione?
La giustizia dovrà fare il suo corso. Ma il dibattito è ormai aperto. E non può più essere ignorato.